Omelia della Notte di Natale
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Omelia della Notte di Natale

 

OMELIA NATALE 25 dicembre 2022

 

Eccoci qui, ancora noi, ancora insieme. E ringrazio, vi ringrazio di essere qui. Sentiamo tutti il bisogno di silenzio e il bisogno di una sosta. Che grazia trovare qui, sul monte di Maria una sosta al nostro correre frenetico. E il silenzio: se volete, alla fine dimenticate pure le mie parole e sostate al mistero. In silenzio. Siamo qui. Ognuno con le sue notti, di stelle o di naufragi, come i pastori. Li vedo andare nella notte, e il fiato di una luce di lampada a guidare i loro passi.

E’ una lampada, la nostra piccola fede,ma ci ha guidati ancora qui, anche quest’anno. "Troverete...:" avevano detto ai pastori gli angeli. Avevano incendiato il cielo mente parlavano e cantavano.

I pastori guardavano un po’ loro e un po’ le greggi. Splendevano come le stelle, le greggi! Come se tutto cambiasse, cambiasse il mondo. "Troverete...": avevano detto gli angeli. "Trovare" è verbo di attesa, ma anche di consolazione. Nella vita si cerca, ma non sempre si trova. Troveremo? Ebbene il verbo sulle labbra degli angeli era senza punto interrogativo, c’era un esclamativo. "troverete".

E che cosa trovare? Una cosa che vorremmo tutti trovare è un frammento di felicità, un poco di felicità. La troverete: "Troverete un bambino avvolto in fasce in una mangiatoia". Ora sapevano dove cercarlo. Ma anche si chiedevano, i pastori, come potesse stare il salvatore, la felicità, in una mangiatoia. Quella notte i loro non furono solo passi dal gregge alla grotta, avanti e indietro: in loro, dentro di loro, erano accaduti altri passi. Che erano una rivoluzione: da un modo di vedere Dio a un altro modo di vedere Dio, da un modo di vedere il mondo a un altro modo di vedere il mondo.

Quella notte fu una notte di rivoluzione! Ma, non solo per loro,

Fu una notte di rivoluzione per Maria e il suo sposo, perché a Maria l’angelo aveva parlato di un trono per il figlio_ “Il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre”-  ma il figlio lo vede sgusciare dal grembo in una povera grotta e come trono, per quel cucciolo d’uomo, c’era solo una mangiatoia per le bestie. Cambiava il mondo. Che nascesse lì, colui che l’angelo aveva chiamato Figlio dell’Altissimo Maria e Giuseppe non lo avevano certo immaginato.

Sarà chiamato“Figlio dell’altissimo” aveva detto ancora l’angelo. Alto e basso, distanti come una rivoluzione. Più basso di così! Che cosa si saranno detti Maria e Giuseppe, mentre lui le dava coraggio e tenerezza nel parto e subito dopo quando per la prima volta posarono i loro occhi sul bambino.

Maria aveva messo alla luce colui che è la luce del mondo. Pensate, quanti pensieri! E a conferma - a conferma del basso - chi vedono arrivare? Dei pastori, gente del basso. Eppure anche i loro occhi di rozzi pastori erano sgranati. C’era una bontà umile, umile come le loro pecore nei loro occhi sgranati. Forse ci vuole una bontà umile per trovare: "troverete".

Vedete: In alto, se ci si innalza come fossimo chissà chi, non ci è dato trovare. Trovare è un verbo che si coniuga al basso.

 Per capire la realtà della vita, bisogna abbassarsi come ci abbassiamo per baciare un bambino. Gli orgogliosi, i superbi non possono capire la vita, perché non sono capaci di abbassarsi.

E se capissimo, se io capissi, che la felicità la trovo abbassandomi, in quel "basso" su cui Dio, nella sua nascita nel presepe, ha messo il sigillo, ha messo il suo splendore? Nel basso ha voluto abitare.

Per dire a tutti noi: "Abbassatevi, inchinatevi, nel basso ci sono io, lì, nel basso c’è il segno della vita. Onoratela nei piccoli, negli scartati della storia, onoratela nelle piccole cose". "Io" - dice - "sono uno che non ha trovato posto, onorate, inchinatevi davanti a coloro ai quali una società non vuole dare posto. Per la mia nascita non c’era posto e, subito nato, mi sono trovato migrante per sfuggire all’odio e alla violenza. Un paese è vero paese ed è veramente felice quando, come si fa nelle nostre case ci si stringe, per fare posto.

Benedette le case e i paesi che accolgono! Dio è in basso. E da un lato mi prende gratitudine, per un Dio che si è abbassato perché non ci prendesse paura a guardarlo dal basso in alto. Per amore si è fatto uno di noi. Più piccolo di noi. Non c’è uno più piccolo di Lui questa notte. E’ Lui il bambino: E’ Gesù bambino.

Sosto al presepe. E penso al suo viaggio di discesa. Mi prende emozione. Si è chinato.

Vorrei solo aggiungere che "scendere", "abbassarsi", "inchinarsi", se ci pensate bene, sono verbi compagni di viaggio del verbo amare, che forse troppo disinvoltamente ci capita di usare, che troppo disinvoltamente capita a me di predicare.

Scendi, abbassati, inchinati, fa’ spazio. Son i verbi da fare nostri dopo averli visti nel bambino del presepe. Pensate, già nel 1919 in una sua poesia-preghiera che vi reciterò maldestramente in romanesco Trilussa ci metteva in guardia dal tradimento del Natale e scriveva:

Ve ringrazio de core, brava gente, pé ’sti presepi che me preparate, ma che li fate a fa? Si poi v’odiate, si de st’amore non capite gnente... Pé st’amore so nato e ce so morto, da secoli lo spargo dalla croce, ma la parola mia pare ’na voce sperduta ner deserto, senza ascolto. La gente fa er presepe e nun me sente; cerca sempre de fallo più sfarzoso, però cià er core freddo e indifferente e nun capisce che senza l’amore è cianfrusaja che nun cià valore.

Don Gianluca